Quesito:
OGGETTO: Imposte indirette: procedura di rettifica della dichiarazione annuale
per presunte operazioni esenti.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO: art. 54, 1° comma, del D.P.R. 633/72 e Circ. Min.
Fin. 29/410811 del 23/5/78: "La rettifica consiste nell’effettuare la scomposizione
di ciascun elemento costitutivo dell’imponibile nelle parti singole che lo compongono
affinché, eliminati gli errori, le omissioni, le false od inesatte indicazioni,
che ne abbiano eventualmente viziata la formazione, sia possibile effettuarne
la ricomposizione nel modo giusto e regolare. Applicando, poi, le prescritte
aliquote all’imponibile revisionato, si perviene automaticamente a rettificare
l’imposta di quel tanto che corrisponde all’incidenza degli errori, delle omissioni,
delle falsità e delle inesattezze poste in essere. Ovviamente, poiché
la struttura del tributo richiede che l’imposta dovuta corrisponda alla somma
algebrica dell’imposta cadente sulle operazioni imponibili e di quella detraibile
per gli acquisti a monte, la scomposizione o analisi dovrà estendersi
anche agli elementi costitutivi della detrazione".
In presenza di presunte operazioni esenti sulle quali, ai sensi della 2^ parte
7° comma art. 21 DPR 633/72 è stata indicata l’imposta in misura superiore
a quella reale, regolarmente liquidata (in quanto dovuta) e dichiarata, l’ufficio,
in sede di rettifica, se non ritiene di convalidare l’imponibilità delle
operazioni (che legittima il meccanismo: IVA dovuta = IVA vendite al netto della
detrazione spettante ai sensi del 1° comma art. 19/633) dovrà provvedere
a) prima, alla scomposizione degli imponibili dichiarati
(pari ad esempio al valore di L. 1.000 = volume affari) in:
– Cod. E14 imponibile 50 aliq. 19 IVA 9
– Cod. E25 esenti 950 _______
VOLUME AFFARI 1.000 Cod. E30 Totale IVA 9
b) poi, considerato che la struttura del tributo richiede una somma algebrica
dell’IVA sulle operazioni imponibili e quella detraibile per gli acquisti
a monte, alla scomposizione e analisi delle operazioni di acquisto per definire
l’inerenza e la competenza dell’IVA relativa ai sensi del 1° comma art. 19
che a titolo di esempio viene stimata in:
– Rigo F19 totale imposta 30
c) indi, considerata la presenza di operazioni esenti, dovrà essere
calcolato il pro rata generale ai sensi del 3° comma art. 19 per definire
l’importo dell’IVA detraibile:
ESENTI 900 : 1.000 x 100 = 90 percentuale di indetraibilità corrispondente
alla percentuale di detraibilità del 10%
Risultando una IVA detraibile di sole L. 3 (Cod. B19)
(F19 = 30 x 10% = 3 Cod. B19), in modo da indicare correttamente nel
Quadro L, le operazioni di liquidazione:
– Cod. L1 IVA su operazioni imponibili (E30) L. 9
Cod. L4 totale IVA a debito L. 9
Cod. L5 IVA ammessa in detrazione (B19) L. 3
IVA da versare L. 6
Essendo stato richiesto, con la dichiarazione, un rimborso di L. 17 (IVA su
operazioni imponibili L. 9 (50000 x 19%) + L. 38 (950000 x 4%) = L. 47 meno
IVA detraibile 30 (F19) l’ufficio dovrà richiedere il versamento dell’IVA
dovuta, in rettifica, di L. 6 e sanzionare l’eccedenza rimborsabile di L. 17
ai sensi del 2° comma art. 43 DPR 633/72 risultando detta eccedenza superiore
di oltre 1/10 a quella spettante.
Poiché nell’avviso di rettifica a riferimento, il 2° Ufficio IVA di
Bologna, contrariamente a quanto effettuato, in un caso analogo, dall’Ufficio
IVA di Milano che ha eseguito una corretta rettifica, ha applicato una confusa
e scorretta procedura di rettifica arrivando a risultati aberranti e "contra
legem", si chiede di far conoscere:
1) se deve ritenersi corretta e legittima la procedura di rettifica seguita
dall’Ufficio IVA di Milano (che risulta essere poi quella predisposta dallo
stesso Ministero delle Finanze con apposito D.M. in applicazione del DPR 633/72);
2) o se, al contrario, deve ritenersi corretta e legittima la sconosciuta
procedura di rettifica seguita dal 2° Ufficio IVA di Bologna, ed, in caso
affermativo, si prega di voler comunicare in base a quali norme di legge in
vigore sia consentito al 2° Ufficio IVA di Bologna di:
• accertare operazioni esenti per L. 1.000, ma indicare falsamente il
medesimo importo di L. 1.000 nella rettifica:
– una volta a titolo di operazioni imponibili (1000 + 40) in modo da
legittimare l’appropriazione indebita di L. 40;
– e, una seconda volta, a titolo di operazioni esenti (1000) in modo da
calcolare una falsa percentuale di indetraibilità (100%) tale da legittimare
il recupero dell’intero importo dell’IVA sugli acquisti inerenti (F19) ai
sensi del 1° comma art. 19 DPR 633/72.
RISPOSTA
IVA – Operazioni esenti. Emissione di fatture con addebito d’imposta. Art.
21, comma 7, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
Nell’ambito delle procedure di consultazione definite con protocollo d’intesa
sottoscritto con gli Ordini dei Dottori Commercialisti dell’Emilia Romagna è
stato chiesto il parere di questa Direzione su quale procedura di rettifica
della dichiarazione annuale IVA debba ritenersi corretta, considerato che per
fattispecie analoghe il soppresso Secondo Ufficio IVA di Bologna ed il Primo
Ufficio IVA di Milano hanno emesso provvedimenti in cui risulta diversamente
calcolata la maggior imposta accertata.
Premesso che la violazione contestata è in entrambi i casi quella di
indebita detrazione dell’imposta assolta sugli acquisiti, ai sensi dell’art.
19, comma 3°, del DPR n. 633/1972, essendo state erroneamente assoggettate ad
imposta fatture rilasciate per operazioni esenti, il proponente il quesito ritiene
corretta la procedura adottata dal Primo Ufficio IVA di Milano, il quale, nell’avviso
di rettifica emesso, ha considerato non dovuta l’imposta erroneamente addebitata
in fattura al cessionario o committente, sottraendola, quindi, dall’imposta
indebitamente detratta.
Conseguentemente, il proponente censura l’operato del Secondo Ufficio IVA di
Bologna, nel cui avviso di rettifica la maggior imposta accertata è rappresentata
dall’intero importo dell’IVA indebitamente detratta.
La scrivente ha gia sottoposto analoga questione alla Direzione centrale per
gli Affari Giuridici e per il Contenzioso Tributario e alla Direzione centrale
per l’Accertamento e la Programmazione, esprimendo in tale occasione il proprio
parere favorevole alla procedura di rettifica adottata dal Secondo Ufficio IVA
di Bologna, sul presupposto che non è possibile procedere alla compensazione
fra l’IVA indebitamente detratta e l’IVA erroneamente addebitata al committente,
giusta quanto disposto dall’art. 21, comma 7, del DPR n. 633/1972: l’imposta
è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni
della fattura, qualora i corrispettivi fatturati o le relative imposte siano
indicati in misura superiore a quella reale.
Tale disposizione è d’altronde conforme alle regole dell’IVA che prevedono
che alla liquidazione dell’imposta concorrano le operazioni registrate in base
alle fatture emesse. Né può eventualmente sostenersi che l’addebito
di un’imposta superiore a quella prevista costituisca un indebito oggettivo
da parte dell’Erario, in quanto, se soggetto passivo IVA, l’acquirente del bene
o il committente fruisce della detrazione dell’imposta addebitata, a nulla rilevando
la circostanza che lo stesso, qualora soggiaccia a particolari limitazioni della
detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti, come nell’ipotesi di effettuazione
di operazioni esenti, non abbia potuto in tutto o in parte detrarre l’imposta.
Nell’ipotesi, invece, in cui il cessionario o il committente sia un consumatore
finale, fermo restando anche in questo caso, ai sensi del citato art. 21, comma
7, del DPR n. 633/1972, la debenza dell’imposta addebitata in fattura (e, quindi,
la preclusione alla compensazione operata dal Primo Ufficio IVA di Milano),
si ritiene che possa sorgere in capo al cedente o al prestatore di servizi il
diritto alla restituzione della maggior imposta versata, sempre che dell’istanza
proposta a tal fine all’Ufficio competente venga data formale e documentata
comunicazione al cessionario o committente, quale soggetto effettivamente inciso
da un’imposta non dovuta, in tutto od in parte (soggetto, pertanto, avente diritto,
in concreto, alla restituzione della somma indebitamente od erroneamente accollatagli
dal cedente, a titolo di IVA, mediante diretta rivalsa nei confronti di quest’ultimo).
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