Quesito:
IMPOSTE INDIRETTE in particolare: Imposte di successione
NORMATIVA Dl RIFERIMENTO
Art. 9 D.Lgs. 31/10/90 n. 346 ai fini della presunzione di
appartenenza all'attivo ereditario di denaro, gioielli e mobilia, chiede se
l’ "inventario analitico redatto a norma degli artt. 769 e inventario analitico
redatto a norma degli artt. 769 e seguenti C.P.C." richiesto dall'art.
9 per vincere la presunzione normativa, debba essere comprensivo di tutti i
beni e diritti che formano oggetto della successione, oppure debba comprendere
solo i beni e diritti oggetto della presunzione (e cioè denaro, gioielli
e mobilia)?
SOLUZIONE PROSPETTATA
L'art. 9 del D.Lgs. 346/90 prevede espressamente che la presunzione
di appartenenza all'attivo ereditario di determinate categorie di beni ("denaro,
gioielli e mobilia") possa essere vinta solo mediante la redazione di apposito
inventario analitico di detti beni, e non anche di tutti gli altri beni
relitti che, in base ai combinati disposti degli artt. 29 (contenuto della dichiarazione)
e 30 (allegati alla dichiarazione) del testo in esame, devono comunque obbligatoriamente
ed analiticamente già risultare nella dichiarazione di successione. Infatti
l'art 9 D.Lgs. 346/90 enuncia "si considerano compresi nell’attivo
ereditario denari, gioielli e mobilia per un importo pari al 10% del
valore globale netto imponibile dell’asse ereditario ... omissis ..., salvo
che da inventario analitico redatto a norma degli artt. 769 e seguenti del C.P.C.
non ne risulti l’esistenza per un importo diverso". La prova deve
quindi dimostrare che i beni costituiti da denaro, gioielli e mobilia (solo
questi e non altri) realmente esistenti nell’asse relitto abbiano una consistenza
economica inferiore alla presunzione del 10% prevista dalla legge. Se effettivamente
il legislatore avesse inteso attribuire all'inventario previsto dall'art. 9
un significato diverso da quello qui proposto, avrebbe senz'altro imposto esplicitamente
al contribuente, trasponendolo nel dettato normativo, l'obbligo di redigere
un inventario comprensivo di tutti i beni e diritti relitti caduti in successione,
senza estrapolare i beni oggetto di presunzione (denari, gioielli e mobilia).
RISPOSTA
D.Lgs. 31.10.90, n. 346 articolo 9, beni e diritti da indicare
sull'inventario analitico.
Con il quesito in esame, posto nell'ambito dell'attuazione
del protocollo d'intesa con gli Ordini dei Dottori Commercialisti, è
stato espresso l'avviso che, al fine di vincere la presunzione di cui all'art.
9 del D. Lgs. 31.10.90 n. 346, sia sufficiente limitare l'inventario ai soli
beni oggetto della presunzione stessa: gioielli denaro, mobilia, posto che tutti
gli altri beni debbono essere analiticamente indicati nella dichiarazione di
successione, ai sensi degli artt. 29 e 30 del citato decreto legislativo.
Non ritenendo di poter concordare con il suddetto parere, appare
opportuno far precedere l'esposizione dei motivi del proprio diverso avviso
da brevi cenni sull'evoluzione normativa che ha interessato l'istituto della
presunzione legale dell'esistenza, nell’asse ereditario, di quei beni, denaro,
gioielli e mobilia, per loro natura facilmente occultabili al fisco.
Il R.D. 3269/23, all'art. 31, stabiliva una presunzione iuris
tantum sulle suddette attività mobiliari limitando (al 3° comma), la
possibilità di prova contraria al valore (minore, inesistente o maggiore)
di quello presunto, risultante da inventari redatti per fini di tutela, eredità
beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposizione di sigilli disposta
dall'autorità giudiziaria immediatamente dopo l'apertura della successione.
L'art. 8 del D.P.R. 637/72, innovativo della precedente disposizione,
ha introdotto la presunzione iuris et de iure dell'esistenza dei citati beni,
ritenendo fiscalmente rilevante l'importo risultante dall'inventario, solo se
maggiore al 10% del valore presunto.
Soltanto con l'art. 5 della Legge 17.12.86 n. 880 è
stata reintrodotta la presunzione iuris tantum la cui prova contraria è
costituita dal minore importo con il quale i suddetti beni sono stati dichiarati
e analiticamente indicati in inventario.
Da ultimo l'art. 9 del D.Lgs. 31.10.90 n. 346 ha recepito il
disposto del citato art. 5 della legge 880/86, individuando nel diverso importo
risultante da inventario analitico redatto a norma degli articoli 769 e seguenti
del c.p.c., la prova contraria idonea a superare la presunzione legale e, contestualmente,
introducendo una sostanziale innovazione, ha esteso a tutte le successioni la
possibilità di vincere la presunzione, possibilità dalla precedente
normativa circoscritta alle sole successioni tutelate.
In questo contesto il rinvio, in esso contenuto, alla procedura
prevista dagli artt. 769 e segg. del c.p.c., non costituisce un ingiustificato
formalismo, ma esprime l'esigenza della prestazione di sostanziali garanzie
corrispondenti a quelle previste per le successioni tutelate; funzione di garanzia
alla quale non sarebbe possibile sopperire con l'indicazione della massa dei
beni nella denuncia di successione. Esso assicura, infatti, che l'inventario
non rappresenti una mera dichiarazione di parte resa davanti ad un pubblico
ufficiale, bensì la ricognizione completa ed obiettiva di tutte le attività
e passività del de cuius nell'ambito delle quali reperire i beni oggetto
della presunzione.
Risulta di tutta evidenza come, nella precedente disciplina,
non fosse necessario l'esplicito richiamo al predetto rito in quanto insito
nelle norme specifiche delle successioni tutelate.
Concluso l'excursus normativo ed entrando nel merito del quesito,
si ritiene illuminante, al riguardo, la sentenza 15 ottobre - 28 novembre 1968
n. 3837 nella quale la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla validità
ai fini fiscali (vigente il R.D. 3269/23), di un inventario incompleto, ha affermato
che la presunzione dell’esistenza di attività mobiliari "può essere
vinta solo mediante la redazione di un inventario compilato secondo le modalità
prescritte tassativamente dalla legge e non a mezzo di inventario irritualmente
formato o incompleto anche se conservi efficacia ai fini dei rapporti civili,
per difetto di contestazioni".
Ad avviso di chi scrive il suddetto principio, pur se riferito
alla precedente disciplina, è applicabile anche a quella in vigore in
quanto, ai fini di cui trattasi, rileva la conformità dell'inventario
alle prescrizioni della legge vigente all'epoca in cui si è aperta la
successione. Ai sensi dell’art. 9 del D.L.gs. 346/90, che rinvia alle modalità
fissate dall'art. 769 e segg. c.p.c., l’inventario deve contenere l'indicazione
e la descrizione di tutti i beni facenti parte della massa ereditaria, ivi compresi
gli immobili di tutte le altre attività e passività nonché
la descrizione e sottoscrizione delle scritture reperite nel domicilio del de
cuius, relative allo stato attivo e passivo. Un inventario parziale, mancante
dell'esatta riproduzione della consistenza del patrimonio del defunto, verrebbe
meno alla funzione, attribuitagli dalla legge, di fotografia della massa ereditaria,
funzione realizzabile soltanto mediante la ricognizione di tutte le attività
è passività del de cuius, effettuata secondo la procedura prevista
dagli artt. 769 e segg. del c.p.c.
A tale proposito si fa presente che la Corte di Cassazione,
Sez. I civ., con la sentenza n. 6955 del 26.7.94, motiva l'inapplicabilità
della presunzione di cui all'art. 8, 2° comma, del D.P.R. 637/72 alla successione
del non residente per i beni esistenti in Italia, proprio sulla base del significato
del termine "asse" che, sia in senso letterale, che nella ricorrente adozione
legislativa (anche in materie diverse da quella successoria), individua costantemente
una pluralità di beni e non già singoli cespiti separati.
Pertanto, poiché sulla base di una fictio iuris, si
considerano compresi nell'attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un
importo pari al 10% del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario,
a sua volta, parallelamente, la prova contraria idonea a vincere tale presunzione
non può che essere riferita alla totalità delle attività
e delle passività del de cuius.
Pertanto l'intervento del pubblico ufficiale che, aprioristicamente,
operi una selezione all’interno dell'asse ereditario estrapolandovi una parte
dei beni, assimila siffatto inventario, in tal modo privo di un requisito sostanziale
di legittimità, ad una mera dichiarazione di parte inidonea a vincere
la presunzione legale.
Comunque, ai fini impositivi, di volta in volta e a seconda
dei singoli casi, potrà essere valutata la possibilità di ritenere
o meno idoneo l'inventario che riporti in modo incompleto i dati catastali relativi
agli immobili di cui al punto 1), 1° comma dell'art. 775 c.p.c., immobili, beninteso,
analiticamente inventariati nella loro consistenza fisica.
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